Neuralink: verso la simbiosi tra uomo e intelligenza artificiale

“Il dispositivo Neuralink non si vede, potrei averlo e non ve ne accorgereste. Forse ce l’ho.” Così scherza (forse) Elon Musk nella conferenza di aggiornamento su Neuralink, l’impianto cerebrale che promette di risolvere diverse condizioni mediche imputate a errori di comunicazione del cervello come la tetraplagia, la cecità o la sordità. Il progetto, però, non ha come unico obiettivo la cura di certe malattie, ma punta a elevare l’uomo al di sopra delle sue capacità innate.

Il chip è grande come una moneta (8 millimetri di diametro) e viene impiantato attraverso una procedura chirurgica mini-invasiva completamente guidata da un robot autonomo. Ha dei fili lunghi e sottili che penetrano nel tessuto della corteccia cerebrale per leggerne i segnali, ma anche “scriverli”. Queste sonde, infatti, posso intercettare con grandissima sensibilità gli input elettrici dell’attività neuronale, ma sono in grado a loro volta di trasmettere impulsi per copiare, ripristinare o modificare l’attività fisiologica del cervello. Attraverso l’interpretazione digitale del “rumore cerebrale” e all’invio dei segnali attraverso bypass (di qualsivoglia natura), si crea un ponte tra le zone del cervello e le parti del corpo che non riescono più a comunicare. Il primo trial clinico su uomo verrà effettuato su pazienti paraplegici e tetraplegici, afflitti da forme di paralisi molto invalidanti. Le altre malattie nel mirino sono: perdita di memoria, cecità, sordità, depressione, insonnia, dolore cronico, epilessia, ansia, dipendenza, ictus e danni cerebrali.

Ma gli androidi sognano maiali elettrici?

Prima di arrivare all’uomo, il passaggio in animale è perentorio. Durante la dimostrazione, si è potuto assistere al comportamento di alcuni maiali sottoposti all’impianto Neuralink, che non mostrano nessuna anomalia né quando dotati di chip attivo, né dopo la rimozione (l’operazione è completamente reversibile). I cosiddetti cypork (non è un nome stupendo?) sono stati scelti come modello per la fattibilità della procedura per la similitudine che esiste tra il loro cranio e quello umano. Inoltre, gli animali possono offrire importanti dati sulla stabilità del chip, grazie alle ricorrenti testate dovute ai loro movimenti goffi. Per fare felice un maiale è sufficiente dargli del cibo, tanto che i cypork di Neuralink sono corrotti dalla contentezza fino al punto di offrirsi volontari a esperimenti e dimostrazioni. Il chip si è mostrato in grado di digitalizzare l’attività neuronale degli animali e la conversione in suono dei diversi impulsi offre una sintesi della complessità di qualcosa che, ancora oggi, conosciamo molto poco: il cervello.

Un cypork, il maiale con impianto Neuralink attivo

Gli ingegneri di Neuralink sono al lavoro per ottimizzare il chip e il robot chirurgico sotto ogni possibile aspetto, ma il trial clinico sull’uomo non è il punto di arrivo. Il progetto, già di per sé ambizioso, è guidato da diversi capi dipartimento che hanno avuto l’occasione, assieme a Elon Musk, di rispondere alle domande del pubblico e di definire i loro sogni alla luce delle possibilità di Neuralink.

Il futuro sarà strano

Non è compito di questo articolo dilungarsi sui dettagli tecnici dell’impianto cerebrale o della procedura chirurgica, né mi interessa approfondire l’aspetto clinico per quanto strabiliante possa essere uno strumento che – solo attraverso la lettura, l’interfaccia e la manipolazione dei segnali nervosi – è in grado di sistemare gli errori del nostro cervello. L’aspetto su cui vorrei soffermarmi è una citazione di Elon Musk stessa: “The future is gonna be weird” (Il futuro sarà strano). Leggere l’attività del cervello significa avvicinarsi alla sua comprensione, interfacciare l’attività neuronale ci permette di creare una simbiosi ancora più diretta con i dispositivi con cui già coesistiamo e creare nuovi segnali ci insegna a dare istruzioni al cervello del tutto estranee alla normale sensibilità dominata dai cinque sensi. La squadra di ingegneri si è sbizzarrita a immaginare il futuro dell’uomo con Neuralink e uno di questi, ad esempio, ricorda l’iconica frase di Blade Runner “ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare”. Se da una parte il chip può risolvere la cecità, dall’altra può permettere al nostro cervello di interpretare lunghezze d’onda fuori dal range della luce visibile. I recettori dei nostri occhi sono in grado di intrappolare solamente lunghezze d’onda comprese tra i 390 nm e i 700 nm, ovvero tra il viola e il rosso, ma un dispositivo esterno potrebbe inviare segnali differenti dal nervo ottico donandoci una supervista in grado di catturare gli ultra-violetti e gli infra-rossi, o qualsiasi altra onda elettromagnetica, fino ai raggi b (C-rays, in inglese) che balenano nel buio alle porte di Tannhäuser.

Un altro traguardo sarà la telepatia. Si tratterebbe di una telepatia concettuale, in grado di permettere all’uomo di comunicare con macchine (e altri uomini) in assenza di linguaggio. Secondo Elon Musk le parole sono artifici lenti, una compressione di ciò viene elaborato dalla mente, mentre la telepatia potrebbe veicolare con più significato la natura ontologica dei nostri pensieri. Un impianto sarebbe in grado, così, di interpretare il nostro pensiero e tramutarlo in frasi su un foglio bianco di Word, oppure veicolarlo direttamente a qualcuno connesso a noi.

La mole di dati che raccoglieremo con Neuralink colmerà le lacune lasciate insolute dalla neurologia e dalla psicoanalisi che, nonostante ci abbiano dato molte informazioni, non rispondono alle domande fondamentali sul funzionamento del nostro cervello. La memoria, ad esempio, ha una regione anatomica individuata, ma nulla è chiaro circa il preciso funzionamento. Comprendere il cervello sarebbe un notevole passo avanti nella comprensione di noi stessi e ci aiuterebbe ad avvicinarsi a una delle domande più importanti a cui nessun filosofo ha mai saputo rispondere in maniera definitiva: cos’è la coscienza? Ridurre il nostro cervello, e conseguentemente la nostra coscienza, a segnali elettrici può sembrare semplicistico, ma la verità è che anche noi, come l’universo, siamo materia fisica e per tanto solo i dati possono offrirci una luce e, finora, nulla ci ha mai permesso di leggere l’attività neuronale con la stessa performance che promette Neuralink.

Con Neuralink, potremo vedere cose che gli uomini, oggi, nemmeno immaginano e nulla di tutto ciò verrà perso come lacrime nella pioggia, ma verrà salvato in qualche server nel cloud

Per chi crea musica, per chi disegna o dipinge, per chi scrive e in generale per chi fa arte potrà essere inquietante quello che sto per dire, ma riuscire a governare i nostri pensieri e poterli interfacciare con una macchina può permetterci di liberare la nostra creatività intrappolata. La realizzazione sarebbe estremamente sintetica e ci potrebbe essere una riduzione dell’elaborazione dell’errore, ma finora quello su cui i pittori hanno lavorato era il risultato di un pennello mosso dalla loro mano che, per quanto iconico, è pur sempre uno strumento. Gli strumenti, grazie (o per colpa) della tecnologia, cambiano e poter liberare la creatività intrappolata di ognuno di noi potrebbe eliminare del tutto la conoscenza tecnica dietro a un gesto artistico o, comunque, eliminare anni di allenamento e tutto il ritardo che caratterizza ciò che è analogico, come semplicemente l’allestimento e la preparazione di un’opera.

Siamo abituati a considerarci essere biologici, ma in realtà, in questo momento, io sto comunicando con voi attraverso uno schermo. Più precisamente, premo le mie dita su una tastiera che già di per sé è un’interfaccia uomo-macchina e quello che scrivo, grazie alla connettività della rete, è condivisa su differenti schermi che vi permettono di leggermi. Già solo tenere un telefono in mano ci rende più cyborg dei nostri antenati e Neuralink non fa che accelerare questa progressiva coesione tra biologia e tecnologia. Il nostro cervello è abituato a ricevere stimoli dall’esterno (i nostri cinque sensi) e a elaborarli internamente per muovere, ad esempio, un muscolo. Nel momento in cui, però, i segnali del nostro cervello sono usati per muovere una protesi artificiale, oppure il nostro cervello riceve input anziché da un nervo ottico, ma da un visore, a quel punto il nostro organo principale non potrà più distinguere segnali interni da segnali esterni, o più precisamente, non saprà più distinguere input biologici da input tecnologici.

Tutto ciò che riguarda il nostro cervello può essere ridotto a segnale elettrico, anche il dolore e la paura. Comprendere quali sono gli impulsi legati alle diverse sensazioni, ci può permettere di spegnere il dolore con un pulsante. Da un punto di vista evoluzionistico, il dolore esiste per avvertirci di un pericolo esterno (come il calore) o di un malessere interno, quindi il suo spegnimento non è desiderabile, ma potrebbe essere utile per tutto ciò che concerne il dolore cronico e il dolore di pazienti costretti all’ospedalizzazione. Anche altre manifestazioni di stress psicologico possono essere inibite, come l’ansia o la paura, in particolare quest’ultima potrebbe essere spenta poco prima di una prestazione di coraggio, per rendere quest’ultimo una virtù di più facile cattura. Non posso immaginare le conseguenze di tutto ciò a lungo termine, benché esista un’idea generale secondo cui la maturazione cognitiva di un uomo avvenga attraverso il prisma delle difficoltà. Un soggetto con l’impianto Neuralink, però, potrebbe anestetizzare il proprio dolore a seguito di un lutto o di una rottura sentimentale con la stessa semplicità con cui scorriamo il feed dei nostri social. Cosa ci succederà quando non ci sarà più nessun cuore spezzato, quando nessuno di noi potrà immedesimarsi nella pazzia e nel dolore del giovane Werther? Cambieremo la natura degli esseri umani, oppure quella che “il dolore serve a crescere”, in realtà, è solo una grande illusione che ci raccontiamo per giustificare la nostra immeritata insofferenza?

Nell’episodio di Black Mirror “Ricordi pericolosi” (The Entire History of You, in inglese), i protagonisti possono accedere a ogni loro ricordo

E poi, rivivere i nostri ricordi. Non so voi, ma io ho trent’anni e sono certo di aver già perso molto di ciò che ho vissuto. A volte pesco fotografie, antichi cimeli, in grado di riportarmi indietro in luoghi del tempo che credevo di aver abbandonato. Marcel Proust aveva il profumo e il gusto della sua madeleine per recuperare il tempo perduto di un ricordo che credeva smarrito, così dolce e inebriante da cancellare in un istante tutti i rovesci della quotidianità. La mente ha i suoi modi misteriosi di far funzionare la memoria e, anche qui, esiste qualche segreto circa la manipolazione dei ricordi che spesso, per il nostro bene, vengono cancellati, ma la verità è che la nostra biologia è limitata e il nostro semplice vivere sovrascrive i nostri momenti, a volte i più importanti. La possibilità di registrare l’attività del nostro cervello ci permette di fotografare l’intero arco della nostra esistenza e di incasellare istanti digitali perfetti in qualche hard-disk o server in cloud. Nel momento in cui la nostra memoria è custodita dentro a un supporto fisico , noi potremo accedervi come accediamo alla libreria di Netflix ed essere protagonisti di qualcosa di molto simile a quello che viene dipinto in Black Mirror. E quando avremo una più chiara idea di come funzioni il cervello, potremo fare l’upload di noi stessi e continuare a esistere fuori dal nostro corpo, oltre la biologia, oltre la morte. Dopo tutto, come avverte Elon Musk, il futuro sarà strano.

L’uomo e la simbiosi artificiale

Per qualche motivo, scrivere questo articolo mi ha depresso. Mi sento stretto dentro una crisi esistenziale profonda, un po’ per la lontananza di quello che possiamo immaginare, ma soprattutto per la sua incoerente vicinanza e l’ineluttabilità delle conseguenze che travolgeranno l’uomo trasformandolo in qualcosa di completamente diverso da ciò che è ora. C’è una preoccupazione maggiore, però, secondo Elon Musk, come ci dice in numerose interviste: la minaccia delle intelligenze artificiali. Per Elon, le IA sono un pericolo di portata infinitamente maggiore delle armi nucleari e il proliferare di algoritmi e codici di machine learning potrebbe porre  l’uomo di fronte a una crisi di impossibile risoluzione. L’evoluzione e l’apprendimento delle IA è esponenziale, basti osservare i risultati di DeepMind/AlphaGo che, imparate le regole di un gioco, è in grado di imparare sfidando se stessa e di battere qualsiasi avversario umano. Le IA surclassano le capacità cognitive dell’uomo e quando giungerà l’alba di un’IA in grado di imitare completamente l’intelligenza dell’uomo (definita, di solito, GAI – General Artificial Intelligence), noi non avremo più alcuna possibilità di prevalere. Le IA, a differenza dei dittatori di cui la nostra storia è stata testimone, sono immortali, perciò l’avvento di un’IA cosciente in grado di influenzare e interagire globalmente con noi è, secondo Elon Musk e molti altri esperti, la minaccia più grande a cui andiamo incontro.

L’unica soluzione, secondo Elon, è che l’uomo diventi un’intelligenza artificiale, ovvero che impari a interfacciarsi completamente con una macchina e di governare ogni suo programma, comprese le IA stesse. Il giorno in cui questo sarà possibile, avremo Wikipedia e qualsiasi altra informazione a portata di pensiero e ogni dispositivo sarà connesso a noi e manipolabile telepaticamente. Mentre da una parte può far sorridere l’idea di evocare la propria Tesla automatica con il solo pensiero, dall’altra la simbiosi uomo-macchina, o più precisamente uomo-IA, è l’unico futuro in grado di elevare l’uomo al di sopra della minaccia di una dittatura digitale. Il futuro sarà strano, forse più di quello che immaginiamo, ma nulla sconvolge di più del pensiero che in origine, prima che tutto iniziasse, eravamo soltanto atomi di idrogeno sparsi nel vuoto.


Disclaimer: ogni tanto, negli articoli di questo blog, parlo di libri. Qui abbiamo citato Blade Runner, tratto dal romanzo di Philip Dick “Ma gli androidi sognano pecore elettrice?”. Abbiamo parlato anche della Recherce di Marcel Proust, uno dei più grandi capolavori di sempre della letteratura, perché un giorno forse i sapori e gli odori saranno stimolati direttamente da un chip neuronale e nessun tempo sarà perduto. Infine, abbiamo ricordato la straziante storia del giovane Werther, di J.W. Goethe, che avrebbe avuto una fine più lieta se avesse potuto spegnere il suo dolore con un pulsante. Acquistando uno di questi libri, o qualsiasi altro da uno dei miei link, potete sostenere il blog senza nessun aumento sul costo della vostra spesa. Grazie!


Questo articolo fa parte della rubrica 404 Human Not Found

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